Sant' Alberto

 

Imparentato con la casata Perna, Alberto fece gli studi, il noviziato, la professione religiosa e rimase a Trapani fino al momento dell'ordinazione sacerdotale, e poi fino al trasferimento a Messina.

Le notizie sulla sua Vita  purtroppo, sorvolano su questi anni di formazione culturale e religiosa. Sant'Alberto rimase nel convento dell'Annunziata dal 1260 fino al 1280 e 1289, date delle pergamene che ne ricordano la permanenza. Da Trapani compì missioni e trasferte presso altri conventi, come quello di Sciacca, o per evangelizzare prevalentemente fra i siciliani di fede islamica o giudaica.

Certamente la Sua presenza presso il Santuario dell'Annunziata fu continua se la sua funzione si evolse da quella di professo a quella di vero e proprio fondatore dello stesso convento in ciò che concerne la gestione patrimoniale e territoriale dell'Annunziata.

Furono quelli gli anni più importanti della storia di Trapani nel Duecento: la città era in forte espansione urbanistica e demografica per la costruzione del porto, di fortificazioni e per la venuta di homini novi, fra i quali occorre inserire gli Abbate.

Grazie al loro apporto la città divenne maggioritariamente cristiana, dopo essere stata quasi un borgo musulmano

o ebraico e, in quanto storicamente scalo privilegiato del traffico mercantile del Mediterraneo con l'Africa, acquistò anche una rinnovata centralità culturale.

Questa nuova centralità favorì il ritorno in Occidente di tutti quei monaci ed asceti che, nei primi anni del secolo precedente, erano già giunti come pellegrini sul Monte Carmelo.

Di tali eventi Alberto dovette essere attento testimone. 

Fra questi si ricorda il passaggio nel 1270 di san Luigi IX, re di Francia, per la crociata a Tunisi, ove un'epidemia

falciò lo stesso re.

I sopravvissuti alla crociata incorsero in una tempesta nel porto di Trapani e i sopravvissuti si recarono al convento

dell'Annunziata.

Ancora ricordiamo in questi stessi tempi i preliminari del Vespro siciliano, dei quali parte attiva fu Palmerio

Abbate, divenuto ormai filoaragonese.

Durante questo periodo di renovatio culturale e sociale, Alberto si occupò del consolidamento economico e territoriale del convento su beni già della sua famiglia, venduti da Enrico Abbate al notar Ribaldo nel 1259, da quest'ultimo trasmessi nel 1280 in eredità a Palmerio

Abbate, che li donò nel 1281 alla zia Perna la quale li lasciò infine al convento con testamento rogato nel 1289.

Si trattava di "senie" di vaste proporzioni, ricordo di quelle "villae rusticae" della tradizione romana, etra le quali una è ricordata nella settima novella della quinta giornata del Decamerone.

In questa si narra la storia d'amore

tra lo schiavo armeno Teodoro-Pietro e Violante, figlia di Amerigo Abate, il quale possedeva "fuor di Trapani forse un miglio, un suo molto bel luogo".

Era forse questa una delle "senie" donate poi all'Annunziata dal notaro Ribaldo, il quale avendo finanziato la costruzione della chiesa dell'Annunziata, la sceglieva come luogo della sepoltura propria e della moglie.

Più cospicuo lascito fu quello pervenuto al Santo dal testamento della zia Perna Abbate.

Certamente Alberto era beneficiario della riscossione di quanto dovuto da qualche debitore ebreo della zia, e ciò spiegherebbe il suo rapporto con le comunità giudaiche, tramandato in termini di conversione.

Un decennio dopo questi avvenimenti, nel 1296, Alberto divenne Padre Provinciale, con ogni probabilità

di stanza a Palermo.

Sant'Alberto è, dunque, il vero fondatore

dell'Annunziata. Certo la Vita lascia intendere che il convento preesisteva al suo arrivo.

L'edificazione della chiesa annessa a spese del notaro Ribaldo sembra quasi coincidere con la sua ammissione

come aspirante frate fra i Carmelitani trapanesi.

Chiaramente in sintonia con la sua promozione nei gradi dell'Ordine sono gli sviluppi edilizi della chiesa e del convento.

Egli di tale istituzione fu quindi il fondatore, almeno nel senso che ne favorì il consolidamento patrimoniale

negli anni difficili del passaggio al dominio aragonese.

L'impegno di Alberto per l'Annunziata fu senza dubbio ispirato al disegno di far del suo un Ordine pienamente mendicante.

Non è quindi possibile non accostare Alberto al modello offerto da san Francesco d'Assisi, modello estraneo

al suo Ordine e alla Sicilia, ma non all'attualità religiosa dell'epoca.